ernie e protrusioni discali

Patologia spondilo-disco-artrosica: ernie, protrusioni discali e linee guida terapeutiche

L’ernia del disco è la fuoriuscita di materiale discale dai normali margini dello spazio del disco intervertebrale, con comparsa di dolore, disturbi sensitivi e motori con una distribuzione radicolare. Il materiale discale intervertebrale viene spinto fuori dalla sua sede anatomica a causa di sollecitazioni meccaniche di varia natura. Tale materiale può irritare o comprimere una o due radici nervose limitrofe a livello del forame di coniugazione, generando una radicolopatia compressiva (che può comportare un quadro clinico di cervicobrachialgia, lombosciatalgia o lombocruralgia a seconda del disco interessato).
Le ernie discali sono localizzate più frequentemente a livello cervicale o lombare.

Terminologia delle ernie e descrizione morfologica

Recentemente una Task Force combinata (di NASS, ASSR e ASN), ha raggiunto un consenso sulla nomenclatura e sulla classificazione delle ernie discali, secondo l’inquadramento sotto esposto (tratto dalle linee guida SIOT 2016):

  • bulging: disco in cui il contorno del margine esterno dell’anulus si estende sul piano orizzontale (assiale) al di là dei limiti dello spazio discale, generalmente per oltre il 25% della circonferenza del disco (di solito con una sporgenza < 3 mm). Il bulging può rappresentare sia una condizione patologica che una variante fisiologica (a livello L5-S1).
  • protrusione discale: è esclusivamente una descrizione del contorno del disco e non una specifica diagnosi; tale condizione può essere secondaria a: riduzione di altezza dello spazio discale, lassità legamentosa, risposta al carico o al movimento angolare, rimodellamento per una patologia adiacente, erniazione atipica o misconosciuta, artefatto per effetto da volume parziale alla TC (talora definito pseudobulging).
  • ernia: fuoriuscita focale di materiale discale al di là dello spazio del disco intervertebrale, limitata ad una estensione inferiore al 25% della circonferenza del disco. L’ernia discale può essere ulteriormente definita come protrusa od espulsa in base alla morfologia del materiale erniato. Nell’ernia protrusa la fuoriuscita localizzata di materiale discale ha una sporgenza (nella zona in cui l’ernia è più evidente) inferiore alla larghezza della base di emergenza. Nell’ernia espulsa la distanza fra la zona più prominente dell’ernia ed il margine discale è superiore alla base almeno in un piano (valutata sullo stesso piano). Se il materiale erniato non dimostra continuità con il disco di origine, l’ernia espulsa viene definita “sequestrata” o “con frammento libero”. Se il materiale espulso si è spostato (sul piano sagittale) rispetto al disco di origine, indipendentemente dalla continuità con il disco (cioè dalla presenza o meno di un peduncolo), l’ernia espulsa viene definita “migrata”.

La visita medica, comprendente anamnesi ed esame obiettivo neurologico è fondamentale. Clinicamente i pazienti lamentano un dolore trafittivo in sede lombare e la rigidità della colonna lombare, con limitazione nei movimenti del tronco. Se l’ernia comprime una radice nervosa il paziente riferisce un dolore irradiato all’arto inferiore, con un decorso differente in relazione alla radice coinvolta (ad es. lombosciatalgia o lombocruralgia).
Il medico può richiedere indagini strumentali di conferma del sospetto clinico: RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) o TC (Tomografia Computerizzata).

Terapia

In ambito terapeutico è fondamentale una premessa: le lombalgie e le cervicalgie acute che comportino segni neurologici periferici (deficit di forza globale o segmentale, alterazioni dei riflessi osteo-tendinei e alterazioni della sensibilità) devono essere immediatamente valutate dal chirurgo.
La terapia delle lombalgie associate a radicolopatia è in genere di tipo conservativo. Dal confronto di varie linee guida internazionali sul trattamento delle lombalgie acute e croniche con radicolopatia, emerge univocità nei confronti della terapia farmacologica (paracetamolo, FANS, miorilassanti, tramadolo) e dell’esercizio terapeutico. Alcune linee guida consigliano anche le manipolazioni vertebrali nel quadro cronico.
La fisioterapia robotizzata dunque, consentendo l’esecuzione precisa, efficace e rapida dell’esercizio terapeutico, rappresenta una strategia terapeutica vincente ed in linea con le raccomandazioni internazionali.

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